Il Santo

San Francesco nacque a Paola (CS) il 27 marzo 1416 da Giacomo Martolilla e Vienna da Fuscaldo. I genitori, contadini appartenenti al ceto medio, abitavano nella zona più antica del centro urbano. I loro terreni erano invece situati nella parte alta della cittadina tirrenica ed erano prevalentemente coltivati a vigneto. Nonostante fossero sposati da diversi anni la loro unione coniugale non era stata ancora allietata dalla nascita di un figlio; per questo motivo pregavano ardentemente il Signore per averne uno in dono.

Finalmente la loro attesa venne coronata dalla nascita del primogenito che al battesimo ricevette il nome di Francesco, come il Poverello d’Assisi alla cui intercessione Giacomo e Vienna attribuirono il prodigio della sua venuta al mondo. Una gravissima malformazione all’occhio sinistro, però, si presentò subito dopo il parto tanto che la madre si rivolse nuovamente all’Assisiate promettendo, in cambio della completa guarigione del bambino, l’offerta di quest’ultimo quale oblato per un anno presso un convento francescano. All’età di quindici anni (siamo nel 1431), dopo aver riacquistato la vista, in ossequio a tale promessa, egli venne accompagnato dai genitori presso la casa dei Frati Minori Conventuali di San Marco Argentano (CS). Durante la sua permanenza in questo santo luogo, egli potè conoscere a fondo la vita comunitaria partecipando a tutti gli atti dei religiosi francescani come la preghiera comune, l’ufficio della questua, la provvista della legna nel bosco. Francesco «compie con diligenza tutti gli uffici che gli vengono assegnati e tutto ciò gli fa guadagnare la stima della comunità e dello stesso vescovo locale». Una volta terminato l’anno da oblato egli, nonostante le insistenze dei frati conventuali che lo vorrebbero accogliere ufficialmente nel loro ordine, insieme ai genitori decide di recarsi in pellegrinaggio ad Assisi. Nel suo cammino alla volta della cittadina umbra, la comitiva toccherà prima Roma e poi, attraverso la consolare Flaminia, giungerà nella città del Poverello. Qui egli si era recato

oltre che per guadagnare l’indulgenza plenaria alla Porziuncola (2 agosto), […] [anche] per prendere una decisione da cui dipendeva il suo futuro. Affascinato dall’esprerienza religiosa del Poverello, anche Francesco Martolilla, era intenzionato a lasciare i suoi per servire il Signore da eremita. La preghiera davanti alla tomba di S. Francesco e la visita ai luoghi dove aveva avuto inizio la sua missione, misero i genitori del Paolano nella condizione di comprendere e sostenere i progetti del loro primogenito.

Fu così che una volta rientrato nella sua città natale (intorno al 1435), egli iniziò la sua esperienza di vita eremitica in una grotta posta a poco più di un chilometro dal centro abitato. Nonostante vivesse ritirato, però,

non si isola dal mondo in quanto, specie nei giorni di festa, scende in paese per assistere agli atti di culto. Inoltre, la questua e la distribuzione delle elemosine (soldi, medicine e alimenti) ricevute dai benefattori, gli offrono la possibilità di partecipare alla vita civile e di essere vicino ai più poveri ed emarginati.

Intanto attorno a lui inizia a formarsi una piccola comunità che ben presto diventa un polo di attrazione spirituale e materiale per tutto il cosentino. La crescita del movimento penitenziale, nonché l’aumento del flusso dei pellegrini, allarmò la corte pontificia che pertanto inviò un visitatore apostolico nella persona di mons. Baldassarre De Gutrossis, cubiculario di papa Paolo II. All’inizio del 1467 si registrò l’incontro tra i due che si concluse con il riconoscimento della validità della pratica penitenziale vissuta dal Paolano da parte del curiale. Questi addirittura, una volta rientrato a Roma, diede le dimissioni dai suoi uffici e raggiungendo nuovamente la Calabria si ritirò nell’eremo tirrenico divenendo uno dei primi compagni del Martolilla.

Nel frattempo mons. Pirro Caracciolo, arcivescovo di Cosenza, informato dell’esito positivo della suddetta visita canonica, si recò nel costruendo eremo per benedire e porre la prima pietra del nuovo oratorio successivamente dedicato a S. Maria degli Angeli. Inoltre, con il diploma Decet nos del 30 novembre 1470, riconobbe alla piccola comunità religiosa di Paola lo status di eremiti diocesani, ponendoli alle dirette dipendenze della Santa Sede. La promulgazione di detto documento segna l’atto di nascita di quello che sarà il futuro Ordine dei Minimi.

Dal Tirreno l’azione apostolica di Francesco, dietro le insistenti richieste provenienti da tutta la Calabria, si affaccia prima verso la Sila e poi verso lo Jonio. Nel 1472 sarà edificato l’eremo di Paterno dedicato alla SS.ma Annunziata, dopo due anni circa verrà aperto quello di Spezzano Grande dedicato alla SS.ma Trinità, quindi intorno 1476 quello di Corigliano Calabro anch’esso dedicato alla SS.ma Trinità. Quest’ultimo insediamento e quello successivo nella cittadina siciliana di Milazzo, aperto presumibilmente nel 1481 e dedicato a Gesù e Maria, furono edificati dopo l’approvazione pontificia del 17 maggio 1474. Con essa papa Sisto IV riconobbe ufficialmente la Congregazione eremitica di S. Francesco d’Assisi.

Il re di Francia, Luigi XI, colpito da una grave malattia invalidante nel 1479, seppe dell’attività taumaturgica dell’Eremita calabrese. Convinto che questi gli avrebbe potuto ridare la salute, inviò un’ambasceria incaricata di condurlo presso la sua residenza francese a Tours. Dopo un primo tentativo andato a vuoto, condotto con l’aiuto del re di Napoli Ferrante d’Aragona, si decise il ricorso al papa. Questi, in virtù della santa obbedienza professata da Francesco, gli ordinò di recarsi in Francia al capezzale del re ammalato.

Il 2 febbraio 1483, dunque, l’Eremita lasciato Paterno intraprese il suo lungo viaggio. Attraversato il monte Pollino, raggiunse Salerno e quindi Napoli, ove entrò il 27 dello stesso mese. Accolto con grande onore dal popolo partenopeo e dalla famiglia reale con a capo Ferrante, dopo un breve soggiorno si avviò, questa volta via mare, verso Roma. Ricevuto in udienza privata dal papa Sisto IV, ebbe opportune istruzioni sugli aspetti diplomatici e religiosi della sua missione francofona. Reimbarcatosi ad Ostia, dopo uno scalo tecnico a Genova, impossibilitato a sbarcare a Marsiglia infestata dalla peste, approdò a Bormes e da qui, sempre via mare, giunse a Frejus. L’antica cittadina romana, prostrata dall’epidemia di cui sopra, gli offrì un quadro molto desolante. Colpito da ciò, egli fece radunare in piazza la popolazione e guarì gli appestati, ponendo così fine al flagello. «Ancora oggi, a distanza di secoli, si ricorda ogni anno tale avvenimento con la cerimonia della Bravade».

Lasciata Frejus, dopo aver toccato Lione, Roanne, Nevers, Auxerre, Orleans e Amboise, alla fine di aprile del 1483 giunse a Tours. Il primo incontro ufficiale con il re Luigi XI si svolse nel castello di Plessis. Superate le insistenze del sovrano che voleva ospitarlo nella sua maestosa dimora, Francesco decise di andare ad abitare nel parco, precisamente in una piccola casetta attigua alla chiesa di S. Mattia. Questa scelta gli consentì di poter continuare a vivere, insieme ai suoi compagni, l’esperienza dell’eremo.

Confortato dal Paolano, Luigi XI morì cristianamente il 30 agosto 1483. A lui successe il figlio Carlo VIII che, essendo ancora piccolo, fu tutelato nell’opera di governo con la reggenza della sorella Anna (1483-1491). Intanto il prestigio e l’autorità di Francesco andava sempre più crescendo. Il Buono Uomo, così era chiamato a corte, divenne addirittura il padrino del delfino di Francia Carlo-Orlando. In quegli anni, grazie ai suoi interventi, erano state risolte numerose questioni sia di tipo economico che politico; «stando alla corte di Tours, senza volerlo, Francesco si venne a trovare ai vertici della diplomazia europea. La S. Sede, sapendo della sua influenza sul giovane sovrano, spesso gli affidava affari molto delicati».

Nel frattempo, intorno al 1489, era stato aperto a Tours un eremo dedicato a Gesù e Maria. L’austerità della vita condotta dal buon Padre venne vista da tanti come un’autentica novità al punto che egli venne considerato come Giovanni Battista redivivo.

Grazie all’appoggio della nobiltà, tra il 1493 ed il 1499, ben nove conventi vennero fondanti nella terra francese, mentre in Spagna si realizzò l’apertura della casa di Malaga, città ormai affrancatasi dal dominio dei Mori anche per l’intercessione del Paolano, significativamente intitolata a S. Maria della Vittoria. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, infine, vennero aperti due conventi in Boemia ed uno in Germania. Il prestigio di Francesco e del suo Ordine aumentarono tanto da superare finanche gli ormai angusti confini del continente europeo. Padre Bernardo Boyl, un tempo priore degli eremiti di Monserrat poi transitato nei Minimi, nel 1493 partì con Cristoforo Colombo per le Americhe in qualità di responsabile del gruppo di sacerdoti che papa Alessandro VI aveva inviato per l’evangelizzazione degli indigeni.

La domenica delle Palme del 1507, che quell’anno ricorreva il 28 marzo, segnò l’inizio degli ultimi giorni di vita terrena di Francesco. Fu quello il giorno in cui egli inziò a sentirsi male. Il successivo 2 aprile, venerdì santo, alle ore 10 antimeridiane, l’Eremita calabrese si spense a Tours alla veneranda età di 91 anni.

Il Benvenuto annota che «malgrado avesse poca familiriarità col francese e negli ultimi anni fosse vissuto in stretta solitudine, durante i quattro giorni che la salma rimase esposta, una folla interminabile di fedeli e devoti, di ogni ceto sociale, si recò a renderle omaggio». Papa Leone X, che aveva conosciuto personalmente il Buono Uomo, il 7 luglio 1513 ne approvò il culto prima ancora che ne venisse riconosciuta la santità. Il Benvenuto precisa come fosse «la prima volta che tale autorizzazione era rilasciata per un servo di Dio scomparso di recente. Negli altri casi, infatti, era intercorso almeno un secolo tra la morte e la concessione del culto». La canonizzazione si svolse, sempre sotto il pontificato di Leone X, il 1° maggio 1519. Clemente XII, il 6 settembre 1738, lo proclamò patrono principale del Regno delle Due Sicilie dietro richiesta del re Carlo VII di Borbone. Pio XII, il 27 marzo 1943, lo riconobbe patrono delle Associazioni preposte alla cura della Gente di mare, delle Società di navigazione e di tutti i marittimi d’Italia. Infine, il beato Giovanni XXIII lo proclamò patrono principale della regione Calabria in data 2 giugno 1962 con il breve Lumen Calabriae. Il 24 aprile 1990 San Francesco di Paola viene nominato Ambasciatore Unicef per la difesa dei diritti dell’infanzia.